Che ho 52 anni lo sapete già, non sapete però che non ho avuto figli; c’è stato un momento in cui il mio orologio biologico scagliava lancette infuocate, ma in quel momento avevo accanto qualcuno che non aveva il mio stesso desiderio. Quando poi ho trovato “quello giusto”, ero alla soglia dei 40, una vecchia zitella ormai, e il mio orologio non ticchettava più. Si può essere felici, appagate e amate, anche senza diventare madri. Tra l’altro interpretando il ruolo della zia, che tra tutti è il migliore! Ma fatichiamo a dircelo, come se stessimo camminando su un binario morto, o peggio su un binario destinato a finire in un burrone. Forse perché l’iconografia ci vuole madri. Ma solo l’iconografia, perché in realtà tutto il resto del mondo, ti molla, ti licenzia, ti sbatte le porte in faccia. La protagonista di “Nove lune e mezza”, imperdibile opera prima di Michela Andreozzi, la pensa come me. E come me ha un fortissimo legame con la famiglia, soprattutto con sua sorella. Le sorelle… Io ne ho due, più piccole, e una volta dissi che amando loro ho imparato ad amare tutto il mondo. Il mio concetto di sorellanza non si ferma al legame di sangue. Mai come in questa fase della vita, mi sento parte di un magico cerchio che pullula di sorelle forti, determinate, tristi, sole o accompagnate da una metà, felici, curiose, disponibili, timide, mamme, zie, nonne, cognate, lettrici accanite o distratte, tifose, sagaci, ombrose, sognatrici, empatiche, fumatrici o non, bevitrici (più gradite) o meno… E chi più ne ha più ne metta… L’Andreozzi nel suo film ne ha messe tantissime! Grazie Michela.
Solo tre parole
- Sorella
- Zia
- Tenerezza