'L’Affido - Una storia di violenza' del francese Xavier Legrand, premiato con il Leone d’argento per la migliore regia e il Leone del futuro come migliore opera prima a Venezia, rivela la violenza sotterranea, le paure taciute, le minacce sommesse di cui sono vittime, ogni giorno, migliaia di donne, nella quasi totale indifferenza del mondo che le circonda. Il film è costruito sulla paura ispirata da un uomo, costantemente minaccioso, pronto a tutto pur di tornare con la donna, fuggita da lui, a causa del suo comportamento violento. Legrand indaga la natura di questa violenza; il dominio maschile nelle relazioni, la follia della possessività, con una luce puntata alla ricerca della distinzione tra coppia matrimoniale e coppia genitoriale. Per il sistema giudiziario francese, se la violenza è diretta a un genitore e non al figlio non vi è necessità di tagliare ogni rapporto fra il minore e il genitore e in effetti nonostante Myriam (Lea Drucker) dopo il divorzio da Antoine (Denis Mènochet) cerchi di ottenere l’affido esclusivo del figlio, undicenne, Julien (il bravissimo Thomas Gioria), il giudice assegnato al caso deciderà per un affido congiunto.
Julien si ritroverà al centro del conflitto, sviluppando una sindrome di iper-vigilanza, continuamente all’erta per proteggere sua madre. L’altra figlia, Joséphine (Mathide Auneveux) in virtù della maggiore età appena raggiunta, sarà, invece, libera di scegliere di non aver più nulla a che fare con suo padre; ma sarà comunque vittima di un fenomeno tipico in queste circostanze, cercando di riproporre un modello familiare, divenendo una giovane mamma, proprio come fece Myriam, sua madre; spirale, probabilmente, innescata da sua nonna. Xavier Legrand non affronta la tematica come una vicenda di attualità; ma usa il potere del cinema, con evidenti richiami a 'Shining' e a 'The night of the Hunter' ('La morte corre sul fiume'), per far crescere la consapevolezza in un pubblico, ostaggio di un’ininterrotta tensione.
SOLO TRE AGGETTIVI
- Doloroso
- Violento
- Attualissimo