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Intervista a Gio' Montez

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Rigenerazione urbana attraverso l'azione artistica: è questo l'obiettivo dell'Atelier Montez di Gio' Montez, nel quartiere romano di Pietralata, che da circa dieci anni si occupa di produzione artistica contemporanea, interdisciplinare e relazionale. Lo spazio polifunzionale intende proporre un prodotto made in Italy, ma in collaborazione con una grande rete internazionale di Produttori Indipendenti. Un luogo di lavoro e di confronto tra artisti ed esperti del settore, per lo sviluppo di idee e di progetti virtuosi di interesse collettivo.

Gio' Montez, cosa hai fatto durante il lockdown?

L'Atelier Montez è rimasto chiuso dal 1 marzo. Lo è tutt'ora e rimarrà ancora chiuso almeno fino a settembre 2020, con disastrose conseguenze economiche per la nostra attività istituzionale e commerciale. Stiamo provando con molta fatica a differenziare le forme di sostentamento economico della attività sforzandoci di innovare e digitalizzare i contenuti prodotti. Ma internet non funziona se non paghi le bollette. Le entrate sono ridotte a zero mentre continuano a gravare come una spada di Damocle tutte le spese correnti. Io non prendo lo stipendio da febbraio e non so come fare la spesa, pagare gli affitti, i contributi, le bollette e addirittura le rate del finanziamento privato concessomi a fronte della busta paga che non percepisco.

Nel più recente decreto legge, che spazio ha avuto l'arte contemporanea?

Nessuno. L'arte contemporanea non è neanche considerata. Pare vogliano convincerci che sia un inutile bene di consumo, qualcosa di secondario. Vorrebbero farci credere che sia più importante mangiare che lavorare! Io mi vergogno di questa ignoranza, che non mi rappresenta affatto. La parola arte contemporanea non è menzionata neanche una volta, come se la categoria "arte contemporanea" non esistesse. Eppure il nostro è "il paese dell'arte" per antonomasia e l'arte contemporanea è un business da miliardi di euro. Come se essere artista fosse un diletto e non una professione. Come se l'arte contemporanea non fosse importante come il Teatro dell'Opera o gli spettacoli circensi, a cui invece sono destinati diversi milioni di euro.

Cosa si sarebbe dovuto fare, secondo te, e cosa si potrebbe ancora fare.

Per quanto riguarda il mio settore, l'arte contemporanea, penso che abbiamo il dovere di sopravvivere al regime.

Uniamoci e associamoci; dobbiamo intensificare l'attività culturale specialmente nei periodi di crisi. Un buon esempio è la recente nascita della "Associazione delle gallerie italiane". Dobbiamo raccontare questa crisi in modo trasparente, decentralizzato, conservando i punti di vista differenti e condividendo un obiettivo comune. Nessuno dovrebbe mai dimenticare questa storia ne i principi fondamentali degli individui che abbiamo impiegato millenni per conquistare. Come diceva Voltaire "Forse non condivido la vostra opinione, ma darei la vita affinché Voi possiate esprimerla".

Prossimi progetti.

Il mio prossimo progetto è be**pART. Sto curando la mostra collettiva più grande del mondo in un periodo in cui le mostre sono addirittura interdette. Con il team di A.C. Montez, gli artisti associati e oltre 20 Ambasciatori be**pART già attivi in tutti e 5 i continenti stiamo allestendo la mostra presso Atelier Montez a Roma, che aprirà al pubblico a partire da Settembre 2020. In esposizione 45.000 opere d'arte realizzate durante il lockdown da 1500 produttori indipendenti associati da tutte le nazioni del mondo. Vogliamo attirare l'attenzione mondiale su questa iniziativa e produrre un catalogo che sarà un documento storico, un racconto collettivo di questa pandemia. Vogliamo creare una memoria per noi stessi e per le generazioni future; che abbiamo un'esempio di solidarietà e un modello virtuoso di sconfitta dell'isolamento sociale che rischia di sabotare l'integrità dei principi su cui si basa il nostro bel paese e tutta la nostra Comunità.

per saperne di più

https://montez.it/

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