“Sono un ragazzo fortunato” recita una canzone di Jovanotti, di sicuro potevo ritenermi tale quando nei primi anni ‘80 appena quindicenne ebbi la fortuna di coronare il mio sogno: lavorare in una radio privata, certo il termine “lavorare” appare un po’ eccessivo se si considera che all’epoca non si vedeva il becco di un quattrino, ma a quell’età il maggior riconoscimento cui si poteva aspirare per chi come me ama la musica e commentarla, era appunto vedere accesa la luce rossa “on air” e verificare con piacere che ci fosse qualcuno dall’altra parte ad ascoltare. Sono Enzo Mauri conduttore radiofonico ormai da una vita e giornalista, come dicevo, ancora giovanissimo la radio è entrata prepotentemente nella mia vita senza più uscirne. Come una donna bella, affascinante e un po’ viziata sono rimasto ammaliato da questa creatura mediatica, la quale proprio come la donna di cui sopra mi ha dato tante soddisfazioni ma anche qualche dispiacere. La dimostrazione che conoscere e frequentare il mondo radiofonico possa costituire una svolta nella vita, lo conferma la presenza sui principali canali televisivi di presentatori ormai divenuti famosi che destino vuole provengano quasi tutti dalla radio. Il motivo è semplice: con la radio t’impossessi di strumenti come la capacità d’improvvisazione e di far fronte all’imprevisto tipici anche della tv, requisiti fondamentali, fra i tanti, per porsi correttamente davanti alle telecamere. Ecco il motivo per cui non credevo alle mie orecchie quando nei primi anni 2000 appresi d’essere stato selezionato fra i presentatori di un canale nazionale, novità assoluta per il panorama televisivo italiano. All’epoca HSE era una realtà consolidata in terra di Germania, i tedeschi pensarono di allargare i loro orizzonti verso il territorio italiano dove mai fino allora era esistita una tv che trasmettesse televendite H24 in diretta, per buona parte della giornata. In quel periodo ebbi la possibilità da conduttore radiofonico semisconosciuto, di provare sulla mia pelle cosa significasse fare tv in diretta, con la gente entusiasta per quella realtà insolita , che mi riconosceva per strada e mi faceva i complimenti, potenza della televisione! Ricordo che a dieci anni dalla fine di quell’avventura c’era ancora chi ricordava il mio viso. Come potei essere in grado di “bucare” lo schermo superando le inevitabili tensioni della diretta televisiva lo devo solo alla radio, senza i tanti anni alle spalle trascorsi in conduzione, sono certo che la mia resa non sarebbe stata la stessa. Purtroppo quell’esperienza magnifica e appagante sotto tutti i punti di vista era destinata a terminare nel 2003, ma per fortuna la radio si rivelò ben disposta a riaccogliermi fra le sue braccia. Mi si aprirono anche le porte del teatro, per cinque anni calcai i palcoscenici romani ricoprendo ruoli perlopiù comici. Confesso d’avere avuto esperienze nel mondo dello spettacolo non facilmente condivisibili con le altre persone, i miei stessi genitori hanno sempre guardato con diffidenza quelli che ai loro occhi erano dei semplici svaghi che non avrebbero condotto a nulla. Qui in Italia esiste ancora a quasi cinquant’anni dalla nascita della radiofonia privata, la concezione del radiofonico come di un perditempo, colui che sta lì solo per divertirsi, il comune pensare vuole che a una certa età si debba mettere la testa a posto e smettere di giocare con i dischi e il microfono, dopo essere stati per anni martellati dalla evitabile domanda “si ma il tuo vero lavoro qual è? Come campi?”. In Italia tutte le attività che hanno in qualche modo a che fare con il mondo dello spettacolo sono poco tutelate, pagina dolente su cui preferisco sorvolare. A quella della radio con il tempo si è affiancata la passione per la scrittura, ho preso atto che il rutilante mondo dello show business di cui avevo fatto parte entrando da una porticina laterale , conservava il suo fascino anche fra le righe di un articolo di giornale o di un blog. Per diverso tempo mi sono cimentato nel commentare, raccontare e se volete criticare, i programmi televisivi attraverso le testate online. A dire la verità mi è sempre piaciuto scrivere cosi come leggere. Da piccolo amavo mettere su carta dei racconti di fantasia perlopiù di fantascienza, genere che amo da sempre, poi ho abbandonato quel passatempo per riprenderlo anni dopo con le modalità che già conoscete. Proprio in questa prospettiva nell’estate 2019 scoccò nella mia testa la classica scintilla: scrivere qualcosa di più consistente di un articolo pubblicato da un sito online. A essere sincero non mi ritenevo uno scrittore allora e non sento d’esserlo nemmeno adesso, sono “quello che ha scritto un libro”, il bello è che i libri nel frattempo sono diventati tre! La prima domanda che passa per la testa a chi decide di scrivere un libro è su quale argomento, un romanzo? Magari giallo? I gialli funzionano sempre ma devi saperli architettare, sarebbe impensabile descrivere un delitto senza creare la debita suspense, lasciando intuire al lettore chi possa essere l’assassino. Mi piacciono i gialli ma non al punto da ritenermi appassionato. Se devo dirla tutta c’ho messo davvero poco a decidere l’argomento da trattare, era li davanti a me ben servito come una prelibata cena al ristorante, fin da subito mi è stato chiaro che non sarebbe stato un libro autobiografico, avevo deciso che avrei parlato del media per antonomasia ripercorrendone la storia, creando un mix tra le mie esperienze e quelle di altri colleghi più famosi di me. Considerate la realizzazione di un libro alla stregua della costruzione di un palazzo, si parte dalle fondamenta per poi creare i piani superiori. Da subito ebbi chiara la struttura dell’opera: racconti, interviste, aneddoti, ma come contattare i nomi che ne avrebbero fatto parte? Certo alcuni già li conoscevo, ma il variegato mondo radiofonico comprende un gran numero di figure. Stilai l’ipotetico elenco e poi mi misi all’opera per reperire i numeri di telefono con lo strumento più tradizionale che al giorno d’oggi la tecnologia ci mette a disposizione: i social network. Ammetto d’essere stato fortunato, molti conduttori radiofonici accettarono di buon grado d’essere intervistati, altri un po’ più diffidenti nicchiarono con una certa eleganza. Scrivere un libro imperniato su interviste è davvero molto impegnativo, perché una volta realizzata, l’intervista va ascoltata anche più volte e poi trascritta in un italiano decente cercando di non snaturare quello che il diretto interessato intendeva comunicare, senza contare l’accuratezza nel riportare nomi, date, termini tecnici e quant’altro. Ore e ore di lavoro per quello che a dire la verità si rivelò poco più di un opuscolo, ma che con mia grande sorpresa venne accolto con entusiasmo dagli operatori del settore e ancor più dai neofiti, forse perché il primo libro cosi come i successivi, prestava il fianco ai lettori rivelando particolari curiosi e poco conosciuti, spesso inediti, sull’attività dei primi radiofonici. L’imprevisto però ci mise lo zampino, in una tragica domenica di settembre del 2019 accadde un evento che per poco non mandò all’aria le mie aspirazioni di scrittore. Per qualche motivo inspiegabile l’intero manoscritto ormai quasi pronto sparì dal mio computer, senza che ne avessi fatto copia, una grave ingenuità che mi era costata cara. Credo di non essere mai stato cosi arrabbiato come quel giorno, fui di cattivo umore per l’intera giornata indeciso se gettare alle ortiche l’intero progetto o ritentare. La notte portò consiglio, ripresi la situazione in mano e nel giro di due settimane, riscrissi l’intero progetto incoraggiato dal fatto d’avere ancora tutte le registrazioni delle interviste. Gli ostacoli alla pubblicazione non era certo finiti lì, in Italia se non sei uno scrittore affermato non ti fila nessuno, esistono alcune case editrici disponibili a leggere nel giro di pochi mesi il tuo manoscritto e ti contattano solo se lo ritengono opportuno, certo avrei potuto stamparmelo da solo e pubblicarlo grazie all’ausilio di siti appositi, ma la consideravo l’ultima spiaggia. In cuor mio sapevo che cercare un editore serio rappresentava la strada giusta. Ho dovuto penare non poco per trovarne uno, alla fine la ricerca ha avuto un esito positivo, sebbene in seguito abbia avuto problemi di distribuzione. E cosi provai l’insolita esperienza d’essere ospitato in diverse emittenti, per parlare proprio di radio, il mio argomento preferito. E’ stato, ed è tuttora piacevole parlare delle mie esperienze unite alle altrui, riguardo a uno strumento che negli anni si è evoluto anche nelle dimensioni. Ricordate o avrete senz’altro visto in foto gli apparecchi radiofonici di settanta, ottant’anni fa. Mastodontici, campeggiavano nelle cucine o nelle camere da pranzo dove intere famiglie si assiepavano all’ascolto dei notiziari e programmi musicali, conditi di canzonette o opere classiche. Poi i tempi sono cambiati, grazie ai transistor sono nate le radioline, inseparabili compagne di chi la domenica ama ascoltare le partite di calcio accanto a mogli annoiate. I tempi cambiano e le mode pure, oggi trovare in vendita un apparecchio radio è diventato complicato, alcune marche non li producono più perché l’utente tipo ascolta la radio dal cellulare, alla tv e grazie agli smart speaker. La stessa strumentazione in radio e fuori, ha risentito come è giusto che sia dell’innovazione tecnologia: ai giradischi e cassettine sono subentrati i computer e microfoni super tecnologiche e i segnali digitali . Per tornare al libro, fra le esperienze personali descritte si trova anche quella sanremese, per un operatore radio- televisivo essere inviato a Sanremo e un po’ come la Mecca per i musulmani, almeno una volta nella vita devi esserci. E cosi nei primi anni ’90, assieme all’editore del periodo mi recai nella città dei fiori. Essere a Sanremo nella settimana del Festival della canzone italiana significa trovarsi al centro di una tempesta mediatica, la città sembra impazzita di fronte allo smisurato numero di personalità famose che in genere si possono seguire solo alla tv o sui social. Mi ritrovai a macinare chilometri, da un lato all’altro della ridente cittadina ligure, per recarmi nei vari alberghi che ospitavano i cantanti in gara e registrare le interviste che poi avrei trasmesso alla radio con cui collaboravo. In assoluto un’esperienza divertente ma allo stesso tempo stressante, riposarsi era un optional, ora agli albori dei sessant’anni non la ripeterei. Come dicevo nel 2019 vide la luce il mio primo libro, ma proprio nel pieno della fase promozionale che comportava anche presentazioni nelle librerie scoppiò la pandemia. Tutti chiusi dentro casa con i telegiornali e intere programmazioni televisive imperniate sul Covid. Esperti o presunti tali che snocciolavano cifre sconvolgenti. A quel punto per allontanarmi da quella realtà assai poco coinvolgente, decisi di rimettere mano al libro coinvolgendo altre personalità del mondo radiofonico facilmente reperibili, proprio perché costrette nelle loro abitazioni, alcune, infatti, per evitare spostamenti s’erano organizzate in modo da trasmettere da casa con appositi software. Il mio secondo libro nacque insomma sotto le bombe, non quelle reali, certo, ma mediatiche, visto che all’unisono dalla radio alla televisione non si faceva altro che parlare della stessa cosa. Devo dare atto a molti colleghi d’essersi impegnati al massimo nei programmi radio, per alleviare le pene di chi aveva visto compromessa la vita privata a causa della malattia, i morti o per lo stress subito a causa della situazione non facile. Io stesso dovetti nel 2020 posticipare la pubblicazione del libro prevista per l’estate, nella speranza, rivelatasi vana , che alla fine dell’anno la situazione sarebbe migliorata. Eppure nonostante gli impedimenti che penalizzavano pesantemente l’attività promozionale, con mia grande soddisfazione il libro funzionò lo stesso. Vi lascio immaginare la gioia nell’apprendere dai commenti sui social, che il libro era piaciuto. A quel punto non potevo certo tirarmi indietro, memore del famoso detto “Non c’è due senza tre”, ho deciso di dedicarmi anima e corpo alla mia terza opera, terza! Quando qualche anno fa per me sarebbe già stato un miracolo averne pubblicata una! E’ nata cosi “Voci alla Radio” introdotta da una frase pronunciata nientepopodimeno che da Marilyn Monroe: “ Non è vero che non avevo niente, avevo la radio” a conferma che la radio si rivela una compagna autentica anche nei momenti di solitudine. Questa opera è il completamento di un ciclo, quanto di più vicino alla mia concezione di libro, con quasi cento interviste, una moltitudine di racconti e alcune foto. Ho trascorso notti intere a lavoraci e a pochi giorni dalla pubblicazione mi sta già dando molte soddisfazioni. Perché’ si scrive un libro? Probabilmente per un pizzico di egocentrismo e nel mio caso per lasciare ai posteri qualcosa che mi ricordi. Mi piace immaginare tra qualche anno che un collezionista scovi una copia impolverata magari dimenticata in cantina e si chieda chi fosse questo Enzo Mauri, o magari la stessa spunti fuori da un mucchio di libri posti su qualche bancarella. L’ho scritto pensando agli operatori del settore, in modo che si rivedano nelle numerose situazioni descritte, ma soprattutto ai giovani amanti della radio che vogliano scoprire qualcosa in più di questo straordinario mezzo di comunicazione che rappresenta tuttora la mia vita.
SOLO TRE DOMANDE
- Mi descrivo con solo tre aggettivi
- Romantico.
- Testardo.
- Pignolo.
- Il solo evento che mi ha cambiato la vita
- Scrivere un libro!
- Solo un link socialmente utile
solo qualche immagine