A più di un anno dall'inaugurazione, è stato annunciato il tema della XV edizione della Florence Biennale – in programma dal 18 al 26 ottobre 2025 – sintetizzato nell’espressione “The Sublime Essence of Light and Darkness” (La sublime essenza di luce e oscurità), dedicato al primordiale, eterno connubio, da sempre al centro della ricerca artistica, nonché scientifica, filosofica e letteraria.
Oggetto di studio e riflessione da parte di molte tra le menti più brillanti della storia dell’umanità, da Eraclito, Pitagora e Aristotele a Leonardo da Vinci e Galileo Galilei, fino ad arrivare a Newton, Maxwell e Einstein, la luce rappresenta da sempre non solo un fenomeno fisico, ma anche un concetto che è alla base della vita stessa e che congiunge il macrocosmo e il microcosmo, spingendoci a meditare sulle connessioni tra ciò che accade nel nostro limitato e fragile mondo terrestre e ciò che è connaturato all’immensità dell’universo. Se già le opere architettoniche di antiche civiltà, come Stonehenge, i templi Maya e le piramidi di Giza, dimostrano l’attenzione e la devozione dei nostri antenati verso la luce solare, quest’ultima (intesa come la manifestazione più palese e tangibile dei fenomeni luminosi sul nostro pianeta) ha continuato a essere il focus di artisti, architetti, scienziati e letterati anche in tutte le civiltà successive e in tutte le epoche conosciute.
Metafora del divino, del bene, della conoscenza, della vita, la luce è spesso contrapposta, soprattutto nella cultura occidentale, alle tenebre, all’oscurità, simbolo del male, dell’ignoto, della morte. La luce, però, non può essere intesa, né percepita, se non grazie all’oscurità stessa, insieme alla quale forma un dualismo archetipico cui si possono ricondurre elementi contrapposti, ma complementari come il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il bene e il male. Se già nell’antica Grecia, Eraclito considerava il divenire un continuo conflitto di opposti che non si escludono a vicenda, ma agiscono simultaneamente in armonia, ancor prima, in Cina, il “Libro dei mutamenti”, considerato da Confucio libro di saggezza, affermava tramite i principi di Yin e Yang che l’interdipendenza tra le due polarità è manifesta in tutti gli aspetti della natura.
Qualunque cosa ha un suo opposto e ogni cosa contiene il seme (o una piccola parte) del suo opposto. Gli opposti hanno origine reciproca e l’uno non può esistere senza l’altro. Espansione e contrazione. Ordine e disordine. Maschio e femmina. Giorno e notte. Luce e tenebre. Bene e male. Il principio che indica questa radice unitaria della totalità molteplice, in realtà, era già trattato nel “Ṛgveda”, il testo più antico della civiltà indiana (circa secondo millennio a.C.).
Questo concetto, arrivato in occidente grazie agli insegnamenti dei sacerdoti egizi presso i quali Pitagora era stato ammesso a studiare, trova la sua espressione grafica nel cerchio con il punto al centro, ovvero il geroglifico della parola Ra, principio divino del Sole. Secoli dopo, Plotino, massimo rappresentante del neoplatonismo, ricorre proprio alla luce per farci comprendere il modo in cui l'Uno si disperde nella molteplicità, instaurando con questa un rapporto dialettico di reciproca complementarità: egli paragona infatti l’Uno a una sorgente luminosa che diffonde nel buio la propria luce, che tende ad affievolirsi via via che si allontana. I due estremi, luce e tenebra, sono però uno solo, perché non esiste una sorgente dell'oscurità.
Dietro la molteplicità, si nasconde sempre l’unità. Ed è proprio l’unità che ci eleva, spingendoci verso ideali più alti, fino ad arrivare all’Uno primo e infinito, come definito da Plotino. L’Uno che per emanazione crea l’essere in varie forme e modalità. L’Uno cui è possibile ricongiungersi attraverso le cinque tappe definite dallo stesso Plotino: le virtù civili, l’arte, l’amore, la filosofia, l’estasi. L’arte, in particolare, sarebbe necessaria all’anima per intraprendere il percorso verso l’Uno, secondo una concezione che si riverbera in tutta l’epoca romana come pure nelle epoche successive e in particolare durante il Rinascimento. L’arte come rappresentazione non solo del bello naturale, ma di qualcosa di superiore, immateriale, trascendentale, facendo emergere la bellezza dell’unità nella molteplicità, grazie alla particolare prospettiva con cui l’artista getta il suo sguardo sulle cose che rappresenta e interpreta.
“The Sublime Essence of Light and Darkness” vuole dunque sottolineare la capacità dell’arte, come pure dell’architettura e del design, di dare consapevolezza emotiva dell’infinità e della potenza irresistibile della natura, dimensione in cui gli opposti si intrecciano spontaneamente, tanto quanto nella società possiamo invece rilevare contrapposizioni drammatiche, come le guerre, che ci fanno perdere di vista il senso della nostra stessa esistenza.
Il tema si pone quindi come una riflessione sulla necessità di comprendere ciò che ci sembra opposto e che invece è parte di un sistema unitario: il nostro genere umano, il nostro pianeta, il nostro universo. Un sistema unitario che richiede la nostra massima cura e alla cui base non possono che esserci il riconoscimento e il rispetto reciproco, il dialogo e la pace, che costituiscono da sempre i principi fondamentali della Florence Biennale.