'Lazzaro Felice', il terzo film di Alice Rohrwacher, è uno straordinario racconto morale, allegorico; la storia di una santità senza miracoli, senza poteri, senza effetti speciali: la santità dello stare al mondo e di non pensare male di nessuno, ma semplicemente di credere negli altri esseri umani. In un’Italia rurale dove esistono ancora le vestigia della mezzadria vive una numerosissima famiglia di contadini, che lavora duramente e senza sosta, al servizio della Marchesa De Luna (Nicoletta Braschi), un’imprenditrice di tabacco, affiancata dal crudele assistente Nicola (Natalino Balasso). I contadini vivono senza luce elettrica, acqua calda, in pieno clima da dopoguerra. In questa comunità vive Lazzaro (Adriano Tardirolo, alla sua prima, e straordinaria, interpretazione), un ragazzo buono, che cammina con i lupi, forte, volenteroso, ma soprattutto candido ed ingenuo, amico di Tancredi (Luca Chikovani prima e Tommaso Ragno poi), figlio della marchesa, anch'esso "prigioniero". La loro, un’amicizia che, luminosa e giovane, attraverserà intatta il tempo che passa. In soccorso di questa "particolare" collettività, arriveranno i Carabinieri portando i 52 membri in salvo, in città, per garantire loro una “vita dignitosa”. Il film ha tonalità che ci riportano ai film di Olmi, dei fratelli Taviani, di Pasolini, dove la sofferenza dei contadini, l’ingenuità e l’ignoranza, nella crudezza della rappresentazione, generano una fortissima empatia e un legame emotivo, inevitabili. Una denuncia sociale, piena di simbologia, che ammanta il paesaggio, biblico, e i protagonisti che lo abitano. Induce ad una riflessione sui rapporti che si stabiliscono in una comunità e la pietà verso altri esseri. Un film sulla miseria degli uomini e sulla nobiltà della povertà, dove esiste ancora la luce, e come sempre è negli occhi di chi guarda.
SOLO TRE AGGETTIVI
- Ascetico
- Allegorico
- Purissimo