Mi chiamo Cosimo Argentina, classe ’63. Ho fatto un po’ di esperienze qua e là. Mio padre era un fotoreporter e con lui ho viaggiato in lungo e in largo per il mondo conoscendo paesi estremi come l’Angola, il Mozambico, il Madagascar, l’Iran e tutta l’Europa dalla foce del Tago agli Urali. Ho militato nelle giovanili di club calcistici professionisti. Sono stato cadetto in Accademia militare di Modena, esercito, nel 164esimo corso che ho abbandonato dopo un anno. Ho lavorato come cronista di giudiziaria e nera per cinque anni a Taranto. Mi sono laureato in giurisprudenza nel 1988 e insegno Diritto economia politica e scienza delle finanze in Brianza. Ho esordito nella narrativa nel 1999 con "Il cadetto" (Marsilio editore) e da allora ho pubblicato tredici romanzi, due pamphlet, un libro di racconti e ho scritto varie opere teatrali di cui una interpretata da me in alcuni teatri di Milano nel 2012. Sui miei libri hanno scritto un paio di tesi di laurea per facoltà di Lettere Moderne. Ho vinto il premio Kilghren opera prima. La mia narrativa mette a fuoco le mie ossessioni da sempre: la follia quotidiana e l’amore inavvicinabile. Questo è un mondo pieno di pazzi e io è come se li attraessi e quindi ne scrivo. Ad esempio, l’ultimo romanzo, "Legno Verde – educazione sentimentale di un adolescente", parla della follia della scuola, della follia adolescenziale legata alla scoperta del sesso, alla curiosità verso tutto quello che è proibito, al desiderio di crescere più in fretta possibile. Il protagonista, Umberto Babilonia, è un duro di 12 anni. Ma è anche vittima della brutalità del padre, degli insegnanti e del mondo altro. Sullo sfondo c’è Taranto, la Taranto degli anni ’70, il mio scenario preferito, dove ho ambientato la maggior parte dei romanzi. Si tratta di una città dove il protagonista di Legno Verde, ma anche di altre storie, si muove tra sviluppo industriale selvaggio, urbanizzazione fuori controllo e ambienti dove il denaro dà alla testa a quanti non ne avevano mai posseduto. E dopo il boom arriva la crisi. Come nel romanzo "Vicolo dell’acciaio" (Fandango, 2010). O come nel romanzo "Per sempre carnivori" (Minimum Fax, 2013). Nei miei romanzi il ruolo principale lo ha il linguaggio e spesso ho mutuato quello del quartiere da cui provengo anche se ormai vivo in Lombardia dal 1990.
SOLO TRE DOMANDE
- Mi descrivo con solo tre aggettivi
- Riservato
- Agitato
- Ironico
- Il solo evento che mi ha cambiato la vita
- La telefonata di Fernanda Pivano, quando, nel 1993, le avevo inviato dei racconti e lei, con estrema e insperata gentilezza, mi aveva telefonato e aveva chiacchierato con me, per lei un illustre sconosciuto, di letteratura ed editoria per un paio di ore.
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