Romae Tibur amem, ventosus Tibure Romam. Quando sono a Roma vorrei essere a Tivoli, nella mia pazzia quando sono a Tivoli vorrei essere a Roma. Lo scrisse Orazio in un’epistola. Non ho alcuna passione per le citazioni dotte, ma questa mi assomiglia al punto di preoccuparmi un po’. Ma il mio girovagare geografico è anche e soprattutto mentale. Con il passare degli anni mi chiedo quanto tempo avrò per vedere tutto il mondo e per esplorare tutto lo scibile. Non esageriamo, mi basta quella parte dello scibile a cui la mia mente e la mia cultura, non infinite, possono accedere. Ho fatto il giornalista per più di quarant’anni e ci sono arrivato dopo averci rinunciato perché non conoscevo nessuno, perché, perché. Ma sono fortunato, e di momenti che mi hanno cambiato la vita ce ne sono stati tre o quattro, fino a spingermi tanto in alto, rispetto alle mie previsioni, che non ci credevo neppure io. Non sempre, però, un ruolo importante permette di occuparsi dei temi che si amano, e non sempre ho potuto scrivere di costume, il giornalismo che prediligo. Perché amo il piccolo, l’infinitamente piccolo. Di un conflitto si occupano tutti, delle storie della gente coinvolta, un po’ meno. Delle storie che vivono in quel territorio ma che non hanno nulla a che fare con la guerra, poi, non se ne occupa quasi nessuno. Scavare, trovare nella gente il fait divers, radice del giornalismo secondo i francesi: questa è la mia passione, anche se solo in due dei sei libri che ho scritto (Mediorientati e Deserto bianco) ho potuto fare tutto questo. Ero stato nominato corrispondente Rai dal Medio Oriente: io avevo chiesto i Balcani, che conosco bene, mentre in Israele e Palestina non ero mai neppure stato in vacanza. Ma da pochi giorni era scoppiata la guerra di Gaza e i due corrispondenti Rai erano andati uno in pensione e l’altro in Cina. Partii, trovai una redazione fantastica che mi aiutò a capire molto in fretta e, alla fine, fui felicissimo di questa esperienza. D’altra parte , ero abituato a nomine bellissime, però lontane da me: agli albori del millennio, ero dirigente di Raiuno, insofferente alle scrivanie, e mi proposero di condurre Linea Verde. Peccato che io sia un tecnologico e che all’età di quindici anni realizzai di non aver mai visto un coniglio: se ne accorse l’insegnante di matematica dal fatto che in un compito in classe diedi per scontato che i conigli avessero quattro zampe. Ebbene, di Linea verde girai ottantaquattro puntate e fu l’esperienza più bella della mia vita. La specializzazione è una gran bella cosa, e io non sono specializzato in nulla. Certo, occuparsi di troppi argomenti è faticoso e si rischia di non approfondire nulla, ma , al contrario, essere monotematici significa perdersi tutto il resto del mondo di cui non saremo i massimi esperti, ma sapremo muoverci. Dunque, ho duecento anni, ma quando vedo qualcosa di nuovo che mi incuriosisce mi ci tuffo, e faccio tesoro di tutte le esperienze maturate per trovare il modo giusto per muovermi in questa nuova avventura.
SOLO TRE DOMANDE
- Mi descrivo con solo tre aggettivi
- Ansioso.
- Vulcanico.
- Onesto.
- Il solo evento che mi ha cambiato la vita
- Quando notarono un mio articolo su un giornaletto ciclostilato e mi offrirono il mio primo contratto.
- Solo un link socialmente utile