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Sulle orme degli antichi pellegrini di Francesca Romana Caponecchi

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Tanta curiosità, la necessità di dedicare finalmente un po’ di tempo a me stessa e una discreta dose di incoscienza sono stati gli stimoli che mi hanno incentivato ad intraprendere questa avventura.

Il celeberrimo Cammino di Santiago. 45 giorni, 2 Stati (Francia e Spagna), 4 regioni spagnole (Navarra, La Rioja, Castiglia e León, Galizia), più di 800 km, a piedi. Da Saint-Jean-Pied-de-Port, inizio tradizionale del Cammino Francese, il percorso più famoso e maggiormente scelto dai pellegrini, a Santiago de Compostela, la terza città simbolo della Cristianità, che, all’interno della sua Cattedrale, ospita le reliquie di San Giacomo, il primo apostolo martire.

Con lo sguardo sempre vigile e attento alla ricerca della prossima “flecha amarilla” (freccia gialla) o “concha” (conchiglia, simbolo per eccellenza del Cammino di Santiago). Perché il Cammino, come la vita, indica sempre la strada, bisogna solo saper avere i giusti occhi.

Sulla rotta degli antichi pellegrini, calpestando vecchie strade romane e ammirando autentiche meraviglie romaniche, gotiche, medievali e templari, come il Pantheon Reale della Basilica di San Isidoro a León (considerato la “Cappella Sistina del Romanico”), la Chiesa del Santo Sepolcro a Torres del Río, le chiese romanico-gotiche di Frómista o l’imponente castello templare di Ponferrada. Ma anche esempi di architettura moderna, come l’immenso Museo dell’Evoluzione Umana di Burgos.

Un viaggio nel tempo che mi ha costretta ad ascoltare e osservare più consapevolmente l’ambiente circostante, che mi ha fatto ricordare che il nostro corpo è nato per camminare, e che durante il Cammino si può trovare una soluzione a tutto, a volte da soli, a volte con l’aiuto della comunità di pellegrini, una famiglia “di fatto” che si aiuta e si sostiene in alcuni casi senza avere neanche la necessità di parlare. L’incontro con pellegrini provenienti da ogni parte del mondo (io stessa ho conosciuto coreani, statunitensi, islandesi, neozelandesi, ucraini, sudafricani, taiwanesi, australiani, tedeschi, francesi, olandesi, estoni, etc.) è la dimostrazione vivente che si può convivere in pace rispettando ognuno la proprio cultura e le proprie tradizioni, comunicando in un misto di lingue e con l’insostituibile linguaggio dei gesti.

Le mie motivazioni non sono state solo di carattere personale, spirituale, religioso. Da donna che ha scelto appositamente di partire da sola, ho voluto provare che, con le giuste precauzioni e utilizzando gli strumenti che il mondo moderno ci mette a disposizione, è possibile vivere quest’esperienza senza correre rischi.

Da presidente dell’Associazione Tyrrhenum, sono rimasta stupita nel vedere che paesi di pochissime anime sono molto più organizzati delle nostre città sia per quanto riguarda i centri di aggregazione, sia per i servizi di ospitalità, sia per l’offerta turistica. Questi luoghi sono stati una fucina di spunti interessanti, che spero di poter far conoscere e condividere con le nostre amministrazioni, per poter far crescere ulteriormente il territorio di Pomezia e dintorni.

Le difficoltà non sono mancate. Tra lo sciopero dei treni per arrivare a Saint-Jean-Pied-de-Port, la burrasca “Beatrice”, chilometri e chilometri totalmente sola percorrendo le mesetas (le desolate lande di Castiglia e León), un’intossicazione, una tendinite, l’attraversamento pericoloso di strade statali, etc. a volte l’obiettivo sembrava allontanarsi. Però, come dice ogni pellegrino, “Il Cammino provvede”, e alla fine sono riuscita ad arrivare a Praça do Obradoiro, ad entrare nella stupenda Cattedrale di Santiago e ad assistere alla straordinaria oscillazione del Botafumeiro, l’incensiere storico più grande al mondo.

Come ultima tappa, ho raggiunto il km 0, sono arrivata a Finisterre, al luogo che, fino alla scoperta dell’America, veniva considerato la fine del mondo conosciuto. Una fine simbolica che segna una nuova ripartenza.

Perché un’esperienza simile ti fa giungere a questa conclusione: per quanto possa essere difficile una situazione, se si riesce a vivere il presente, si coltiva la pazienza, si rispetta il proprio corpo e ci si abitua ad ascoltare gli altri, si troverà sempre il modo di risolvere i problemi e rimettersi sulla giusta carreggiata.

Perché “Per ogni fine c’è un nuovo inizio”.

Buen Camino a tutti!

solo tante immagini

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