Su iniziativa di Nuovo IMAIE con la partecipazione del colosso dello streaming Netflix, alla Festa del Cinema di Roma si è tenuto l’incontro dal titolo “Incassi delle piattaforme e compensi agli artisti: obiettivo un solo database”, per proporre la costituzione di una banca dati unica centralizzata e di un conseguente “sportello unico” di gestione.
La proposta di definire e controllare il mercato attraverso una banca dati unica è evidentemente un anacronistico tentativo di tornare al passato. Rievoca l’infelice gestione dei diritti degli artisti per anni concordata tra utilizzatori ed intermediario monopolista. Di fatto, sarebbe il ritorno ad un vecchio sistema nel quale a perdere - oggi come prima - sono gli autori, gli interpreti e i doppiatori.
L’obiettivo dei promotori, è del tutto incompatibile con l’avvenuta liberalizzazione del mercato del diritto d’autore e dei diritti connessi e impedirebbe di ottenere trasparenza e compensi più equi perle nostre categorie; proprio la liberalizzazione ha consentito di operare a tutela degli artisti, rettificando storiche criticità e opacità nella gestione dei loro diritti, e di impostare diverse negoziazioni con gli utilizzatori, pretendendo per gli artisti un compenso realmente adeguato e proporzionato.
Superfluo ricordare le scandalose vicende della banca dati di IMAIE, l’istituto che da monopolista, ha gestito i diritti connessi degli interpreti fino al 2009, anno in cui è stato messo in liquidazione presso il Tribunale di Roma per incapacità gestionale, con oltre 140 milioni di euro di diritti degli artisti non distribuiti.
La banca dati unica lede fondamentali diritti degli artisti perché:
- omologa al ribasso i compensi;
- riduce il numero dei professionisti aventi diritto;
- favorisce gli utilizzatori a danno degli intermediari che tutelano i compensi degli artisti.
le DICHIARAZIONI DI ELIO GERMANO, PAOLO CALABRESI, NERI MARCORÉ E MICHELE RIONDINO
Elio Germano: “Nel mercato liberalizzato del settore audiovisivo, ogni utilizzatore/piattaforma ha il proprio database, la propria offerta di contenuti e ha visto l’entrata sul mercato di nuovi operatori in concorrenza fra loro. Non si spiega perché allora, sul fronte delle collecting, si chiede agli artisti di tornare di fatto ad un monopolio con una "tariffa unica". Sarebbe come chiedere agli utilizzatori/piattaforme di avere un'unica offerta di titoli e un unico costo di abbonamento, togliendo agli utenti il diritto di scegliere tra varie possibilità. Questo diritto, conquistato dagli artistiche hanno subìto tutti i danni di una trentennale gestione "unica", è fondamentale e da qui non si torna indietro.”
Paolo Calabresi: “I diritti connessi sono un "salario differito" che in un mestiere discontinuo consente agli artisti di vivere senza pesare sulle casse del governo perché a versare questi compensi è chi guadagna sul lavoro degli artisti. Allora il tema vero e urgente di cui si dovrebbe parlare è: quanto va realmente in tasca agli artisti? Da oltre due anni l’Italia ha recepito la direttiva copyright che esplicitamente parla di compensi per gli artisti adeguati e proporzionati agli sfruttamenti e ai ricavi degli utilizzatori.”
Neri Marcorè: “Guardando agli accordi finora sottoscritti da altri operatori, un attore che sia protagonista in 10 opere di grande successo, visualizzate ognuna da 1 milione di persone, riceverebbe dalle tre principali piattaforme streaming complessivamente 33 euro nell’arco di 5 anni. Questo si intende per compensi adeguati e proporzionati? E dovremmo adeguarci a questi compensi con una tariffa unica? No grazie.”
Michele Riondino: “In America gli attori, gli autori e gli sceneggiatori protestano e scioperano per avere dei compensi adeguati e chiedono il 2% dei ricavi delle multinazionali dello streaming, mentre qui in Italia si parla di temi del tutto superati e che vanno in direzione opposta alle normative europee.”
In un delicato momento storico nel quale ci troviamo a dover manifestare viva preoccupazione per le costanti notizie di eventuali tagli al cinema e all’audiovisivo italiani, spesso accompagnate da inaccettabili attacchi alla categoria degli artisti, come associazioni e organismi di gestione collettiva denunciamo pubblicamente questo tentativo di riportare indietro l’orologio nella gestione dei diritti degli artisti. E chiediamo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di vigilare su quanto nel settore audiovisivo viene proposto in aperto contrasto con le normative europee. Artisti 7607, 100 Autori, Air3, MRights.